Diario di viaggio in Asia (parte 4): Phnom Penh, Cambogia

Giorno 1:
Parto da Siem Reap di buon mattino con un minibus che, al costo di soli 7 US$, mi porterà nella capitale della Cambogia, Phnom Penh, dopo 320 km ed un viaggio avventuroso, durato 7 ore, passato quasi sempre in corsia di sorpasso, con pausa pranzo di mezz'ora al pittoresco mercato di Kompong Thom, dove fanno bella mostra grossi vassoi di insetti fritti.
Insetti fritti al mercato di Kompong Thom

Arrivato a Phnom Penh, nella zona del Mercato Centrale, vengo subito assalito da numerosi piloti di tuk tuk che si offrono di trovarmi un albergo o di portarmi a quello che ho prenotato, provo ad andare a piedi, visto che la distanza non è proibitiva, ma mi accorgo subito che il traffico qui è intensissimo e senza regole, quindi per attraversare la strada bisogna essere agili e veloci, cosa difficile con valigia e zaino a fare da zavorra, per cui mi faccio accompagnare in tuk tuk alla Bright Lotus Guesthouse, che avevo prenotato in precedenza, in ottima posizione centralissima, fra il Palazzo Reale e la confluenza del fiume Tonle Sap ed il Mekong, con wifi ottimo, ristorantino al piano terra dove si mangia bene, a prezzi non troppo alti, possibilità tramite loro di organizzare escursioni, trasferimenti ed anche cambiare soldi senza commissioni.
Il mio primo giro lo faccio a piedi sul lungofiume, dove svettano le bandiere di tutti gli Stati, che hanno l'ambasciata a Phnom Penh (tra i quali non c'è l'Italia): vi sono anche numerosi venditori di cibo, cartomanti, strani personaggi che portano con sè gabbie piene di uccellini, e chiedono soldi per liberarli, comunque nessuno è insistente e l'atmosfera è molto rilassata, per niente frenetica, così come le acque del grandissimo fiume Mekong, solcato da barche di tutti i tipi, grandi, piccole, turistiche o per trasporto merci.



lungofiume di Phnom Penh con tutte le bandiere

Bandiera cambogiana sul lungofiume
Continuo il mio giro nei dintorni visitando il Wat Ounalom, un tempio buddista, formato da un complesso di edifici molto raffinati e mi godo un beò tramonto alle spalle del Palazzo Reale.

Impressioni e curiosità:
Ciò che mi ha colpito subito di Phnom Penh è stato il traffico, infatti vi è un numero impressionante di motorini, scooter e tuk tuk, che sciamano in tutte le direzioni, a tutte le ore, apparentemente senza regole di precedenza o rispetto di semafori, quindi per attraversare la strada bisogna buttarsi in mezzo con coraggio tenendo una mano alzata, comunque superata la prima volta diventa più facile perchè ti accorgi che i guidatori quando ti vedono rallentano e ti fanno passare. Nonostante questo traffico senza regole, durante la mia permanenza in Cambogia non ho assistito a nessun incidente, per fortuna, anche se un paio di volte c'è mancato poco. Mi ha colpito anche il fatto che in motorino i cambogiani trasportano di tutto, dai materassi alle pentole piene di cibo, ad intere famiglie, infatti non è raro vedere in un unico scooter cinque persone, madre, padre e tre figli.

Tramonto alle spalle del Palazzo Reale

Giorno 2:
Inizio la giornata visitando il Palazzo Reale, che si trova proprio di fronte alla mia guesthouse: è un complesso di edifici caratterizzati dai classici tetti in stile khmer, con ricchissime decorazioni dorate, tra cui spiccano la Pagoda d'Argento, così chiamata per il pavimento formato da piastrelle d'argento, che ospita la piccola e preziosissima statua del Buddha di Smeraldo, notevole è anche il dipinto murale che circonda tutta l'area ed illustra il Ramayana, poema epico hindù; ci vuole almeno un'ora e mezzo per visitare tutta l'area, con calma.
Sala del Trono

Pagoda d'Argento (sulla sinistra) ed altri edifici del complesso palaziale


Quindi mi reco al vicino Museo Nazionale di Cambogia, situato in un elegante edificio in terracotta, con piacevole giardino interno: ospita la più importante e completa collezione di sculture khmer, esposte in ordine cronologico, alcune di proporzioni molto grandi, ed anche opere più recenti fornendo uno sguardo completo sull'arte e la storia cambogiana.
Museo Nazionale

Nel pomeriggio mi dirigo verso nord e visito lo Psar Thmei, il Mercato Centrale, ospitato in un elegante edificio art decò, all'interno del quale si vendono soprattutto gioielli ed abbigliamento.
Quindi proseguo osservando i pochi grattacieli della città, tra cui spicca la Vattanac Capital Tower e raggiungo il Wat Phnom, un tempio situato sull'unica collina della città, alta 27 metri.
Infine ritorno verso la guesthouse, percorrendo il sempre piacevole lungofiume, che regala bellissimi panorami.

Impressioni e curiosità:
In Cambogia c'è la doppia valuta, infatti si usa sia il dollaro americano, che il riel cambogiano (4000 riel valgono un dollaro) ed i prezzi sono espressi quasi sempre in dollari, mentre il riel viene usato solo per fare i resti di mezzo dollaro o un quarto di dollaro, fin qui tutto ok, però i dollari le cui banconote presentano qualche macchia o sono troppo usurate, inspiegabilmente non vengono accettate, anche se sono vere. A me è capitato di avere due banconote da 20 US$ di questo tipo, rifilatemi all'aeroporto, quando ho cambiato i soldi e nessuno me le accettava, neanche le banche me le cambiavano, sono riuscito a cambiarle solamente al mercato centrale di Phnom Penh da una signora che aveva un banco di gioielli e faceva anche foreign exchange, ma per una banconota da 20 US$ in cattive condizioni me ne ha dati soltanto 18 US$, in buone condizioni, quindi consiglio di fare attenzione quando cambiate i soldi, date un'occhiata all'aspetto delle banconote, per evitare fregature.

Sullo sfondo la confluenza del fiume Tonle Sap nel Mekong

Giorno 3:
Questa giornata la dedico alla riflessione, infatti non va dimenticato che questo paese ha sofferto molto durante il regime dei khmer rossi, che, dal 1975 al 1978, hanno eliminato quasi 3 milioni di cambogiani, un terzo della popolazione, nel tentativo di fondare una nuova società autosufficiente, costringendo la gente ad abbandonare tutte le città e ad andare a vivere nelle campagne, per coltivare riso e costruire canali d'irrigazione, eliminando il denaro e la religione, ed uccidendo tutti coloro che avevano avuti contatti con la civiltà occidentale o avevano semplicemente studiato  e tutte le loro famiglie(bastava portare gli occhiali, per essere condannato), in modo da far restare in vita solo le persone pure, non contaminate da contatti passati con il mondo esterno, una follia che ha portato alla catastrofe il paese, infatti ai morti ammazzati si sono aggiunti molti altri uccisi da carestie e malattie, che nessuno era più in grado di curare.
La prima tappa di questo triste tour è la prigione S21, museo del genocidio Tuol Sleng, nel cuore di Phnom Penh, un'ex scuola riconvertita in prigione dai khmer rossi, dove sono state detenute e torturate più di 20000 persone e solo 7 ne sono uscite vive: la visita comprende un'audioguida anche in italiano, che spiega approfonditamente tutta la storia di ciò che è mostrato, come ad esempio il fatto che le terrazze e le finestre delle prigioni vennero coperte da filo spinato, dopo che alcuni detenuti si erano suicidati gettandosi dal terzo piano, oppure la storia di alcuni stranieri, che si trovavano per caso in Cambogia in quel periodo e vennero tutti uccisi e torturati dai khmer rossi come spie della Cia, uno dei quali, un neozelandese, che stava facendo il giro del mondo in barca a vela, nella confessione estortagli con la tortura denunciò come suoi capi della Cia nomi di fantasia riferibili ai fast food americani.
La seconda tappa sono i campi di sterminio Choeung Ek, situati in un'area a circa 15 km da Phnom Penh: anche qui vi è un'ottima audioguida, anche in italiano, che spiega come qui i condannati venissero trasportati la sera con degli autobus, dietro la promessa che sarebbero stati liberati, ma invece venivano denudati e uccisi con un colpo alla testa inferto con un'arma contundente, solitamente un attrezzo agricolo, per non sprecare pallottole, poi gli veniva tagliata la gola. Impressionante è lo stupa al centro dell'area contenente 17 piani di teschi, suddivisi a seconda dell'età delle persone ammazzate, ognuno dei quali presenta un foro che varia di dimensioni a seconda dell'oggetto usato per colpire ed ancora più straziante è l'albero dove veniva sbattuta la testa dei neonati tenuti per i piedi, uccidendoli, infatti di ogni famiglia venivano eliminata tutti i membri, per non avere poi vendette.
Una visita toccante che fa capire a che punto di malvagità può far arrivare il credere ciecamente in un'ideologia e porta a riflettere su questi errori, sperando che non si ripetano più.
Nel tardo pomeriggio cerco di ritirarmi su con una bella passeggiata nella zona sud di Phnom Penh, dove vi sono ampi vialoni e piazze con monumenti, in cui vi sono numerose bancarelle di street food e dove si riuniscono gruppi di persone per fare aerobica o giocare a takraw, un gioco che consiste nel colpire al volo con i piedi una strana pallina fatta di rattan.
Infine concludo la giornata con un bel tramonto asiatico su Phnom Penh.

Impressioni e curiosità:
Non mi è piaciuto per niente il fatto che, durante la visita alla prigione e ai campi di sterminio, alcuni turisti, non pochi, passassero il tempo a farsi i selfie con dietro le foto delle persone torturate o i teschi delle persone ammazzate, l'ho trovato di cattivo gusto: penso che questi siano luoghi in cui si debba solo ascoltare l'audioguida e riflettere, al massimo, se proprio non se ne può fare a meno, fare una foto dell'esterno della prigione o dello stupa, ma fare i selfie proprio non ha senso, secondo me.

Zona sud di Phnom Penh, con il monumento al re Sihanouk

Tramonto su Phnom Penh

Vedi anche:






Diario di viaggio in Asia (parte 3): Siem Reap, Cambogia

Giorno 1:
Dalla Cina, con un volo di poco meno di 3 ore, atterro all'aeroporto di Siem Reap, nella Cambogia centrale, centro turistico in forte espansione, base per visitare i tantissimi templi della civiltà khmer, che sorgono nei suoi dintorni.
Per raggiungere la guesthouse che ho prenotato mi faccio il mio primo giro in tuk tuk, una carrozzina con tettino, aperta ai lati, che può caricare fino a 4 persone, trainata da uno scooter, un mezzo di trasporto diffusissimo nel sud-est asiatico.
Il ragazzo che mi porta alla guesthouse è piuttosto insistente per offrirsi di accompagnarmi anche per i prossimi giorni, ma lo stoppo subito e decido di affidarmi alla guesthouse per le escursioni ai templi.
Happy Guesthouse, dove ho alloggiato, si trova in una stradina sterrata, nella parte nord della città, molto tranquilla di notte, a 15 minuti a piedi dal centro: pur essendo molto semplice, è dotata di tutto quel che serve, come wifi ottimo, ristorante dove si mangia bene ed abbondante a prezzi modici e possibilità tramite loro di noleggiare tuk tuk o biciclette per visite ai templi ed acquistare biglietti per i bus verso altre città della Cambogia e della Thailandia.
In serata vado a visitare il centro di Siem Reap, che è molto turistico e chiassoso, ad uso e consumo dei turisti occidentali, tanto che la strada principale, piena di locali con musica ad alto volume, si chiama Pub Street.

Impressioni e curiosità:
Sia in Cambogia che in Thailandia, nelle guesthouse in cui ho alloggiato, bisognava sempre togliersi le scarpe prima di entrare nella zona camere e lasciarle all'entrata, per terra o in apposite scarpiere, un'usanza che ho sempre rispettato con piacere.

Siem Reap by night

Giorno 2:
Il secondo giorno decido di noleggiare un tuk tuk con driver, tramite la guesthouse, e si rivelerà un'ottima scelta, anche se più costosa della bicicletta, soprattutto per il gran caldo, il clima è sempre sui 35 gradi e, fra un tempio e l'altro, starsene seduto in tuk tuk, con l'aria in faccia che ti rinfresca ed asciuga il sudore non è male.
La prima tappa è la biglietteria, dove si può acquistare il biglietto per 1,3 o 7 giorni, io opto per quello da 3 giorni al costo di 40 US$, prezzi che cambieranno a partire dal 1 febbraio 2017, quando il biglietto da 3 giorni salirà a 60 US$.
Si parte quindi verso nord, in direzione drl Banteay Srei, uno dei templi più lontani dal complesso principale, da cui dista 37 km fra andata e ritorno, la strada per raggiungerlo si percorre in circa un'ora in tuk tuk, è completamente asfaltata, fiancheggiata da numerose povere baracche ed infinite pianure su cui s'innalzano altissime palme e provano a pascolare magrissime vacche bianche.
Banteay Srei è un tempio hindu, dedicato a Shiva, costruito in pietra rosata, attorno al 967 d.C., ha pianta quadrata, non è molto grande ed è ornato da raffinati rilievi e da statue di guardiani-scimmia molto belle.
i guardiani-scimmia di Banteay Srei

Prossima tappa è il Preah Khan, un complesso molto vasto, composto da un labirinto di corridoi con volte, tutto ornato da bassorilievi, all'interno del quale spicca anche un edificio colonnato su due livelli, che rimanda all'architettura greca: vista l'estensione del complesso per esplorarlo approfonditamente ci vogliono un'ora e mezzo o due
Preah Khan
Dopo una pausa pranzo in cui gusto ottimi noodles con gamberi, ci dirigiamo al Preah Neak Poan, cui si accede tramite una passerella di legno, poichè circondato da un baray, un bacino di acque molto esteso e lo stesso tempio sorge su isole al centro di vasche d'acqua.
Preah Neak Poan
Quindi visito il Ta Som, tempio buddista, in cui spicca la colossale pianta che sovrasta l'entrata orientale, e poi l'East Mebon ed il Pre Rup, dei templi montagna, caratterizzati da ripide scalinate, che portano ai livelli più alti, sormontati da torri e sorvegliati ai 4 lati da splendidi elefanti scolpiti, concludendo la giornata di fronte al placido bacino d'acqua Sra Srang.

Impressioni e curiosità:
Non è raro in Cambogia imbattersi in dei gechi, delle piccole lucertole di colore tendente al beige: si sono fatti delle belle passeggiate lungo le pareti della mia camera sia a Siem Reap che a Phnom Penh, sono animaletti innocui e molto paurosi, con delle zampe tondeggianti, che aderiscono perfettamente ai soffitti e alle pareti laterali, comunque sempre meglio scacciarli dalla camera prima di andare a dormire.

Ta Som


East Mebon

Sra Srang

Giorno 3:
Questa giornata comincia prestissimo, alle 5 del mattino, quando con Chast, il mio autista di tuk tuk, ci rechiamo ad Angkor Wat, il tempio simbolo della Cambogia, per ammirare l'alba, che sorge dietro le famose torri: noto subito che la stessa idea l'hanno avuto in molti, infatti alle 5:30, per entrare nell'area archeologica c'è già la fila e, quando il sole s'alzerà, mi accorgerò, che forse c'erano un migliaio di persone, molte delle quali con apparecchiature fotografiche costosissime.
L' alba su Angkor Wat, pur se affollata, è un momento molto bello, poichè il sole illumina a poco a poco il tempio, che si specchia sul bacino d'acqua sottostante, creando un gioco di luci di varie tonalità, molto suggestivo.
Quindi inizio la lunga visita di Angkor Wat, che mi terrà occupato quasi 3 ore: mi hanno colpito soprattutto i raffinatissimi bassorilievi che ornano tutto l'esterno del primo livello del tempio, con scene di battaglie, mostri e demoni.
Angkor Wat all'alba

bassorilievi di Angkor Wat

Angkor Wat

Mi dirigo quindi verso Angkor Thom, che significa la Grande Città e fu l'ultima gloriosa capitale dell'impero khmer, ospita un gran numero di templi su una superficie molto estesa, quello più famoso è il Bayon, opera affascinante ed inquietante, formato da 54 torri, ognuna delle quali è decorata da 4 giganteschi volti, caratterizzati da un enigmatico sorriso, forse raffiguranti il re Jayavarman, che lo fece costruire nel XII secolo: anche qui bellissimi ed elaboratissimi bassorilievi decorano tutta la parte esterna del primo dei tre livelli del tempio.

i volti del Bayon


bassorilievi del Bayon

All'interno di Angkor Thom  si segue un percorso segnalato, incrociando scimmiette, grandi alberi con nodose radici dalle strane forme e bacini d'acqua, che porta a visitare altri templi molto grandi ma peggio conservati, come il Baphuon, il Phimeanakas, il Preah Palilay, il Tep Pranam ed il Preah Pithu, un gruppo di templi Hindu, fino ad arrivare alla Terrazza del Re Lebbroso, una piattaforma alta 7 metri, con mura decorate da bassorilievi bellissimi raffiguranti soprattutto apsaras, semidee danzanti e sovrani seduti

Apsaras danzante

Si riprende il tuk tuk e, dopo aver passato quasi 3 ore ad Angkor Thom, si esce dalla Porta della Vittoria per visitare alcuni templi minori, come il Chau Say Tevoda ed il Thomannon, situati uno di fronte all'altro, separati solo dalla strada e poi si raggiunge il Ta Keo, un tempio montagna rimasto incompiuto, con ripide scalinate, che portano al livello più alto, da cui si gode un bel panorama sulla giungla circostante.
Il giro si conclude al Ta Prohm, un tempio molto suggestivo, immerso nella giungla ed avvolto da una fitta vegetazione, con alti alberi, le cui enormi radici stringono in una morsa le torri e le mura in rovina, un posto selvaggio ed imperdibile.

Impressioni e curiosità:
I cambogiani mi sono sembrati gente molto allegra ed alla mano, nonostante sia un paese molto povero, non era raro incontrare persone che canticchiavano o fischiettavano, riposandosi in un' amaca
Ta Prohm

Ta Prohm

Giorno 4:
Dopo una mattinata passata in giro per Siem Reap, il pomeriggio decido di andare in tuk tuk a visitare i templi di Roluos, 13 km ad est della città, compresi nel biglietto che ho acquistato.
Si tratta di tre templi, situati a poca distanza l'uno dall'altro, costruiti alla fine del IX secolo, epoca in cui Roluos fu la prima capitale dell'impero khmer.
Questi templi segnano l'inizio del periodo classico dell'architettura khmer ed il più grande ed interessante dei tre è il Bakong: è formato da una piramide centrale ed è disposto su cinque livelli, con sculture in pietra di elefanti e leoni ben conservate.
Leone del Bakong
Quindi mi reco a Phnom Khrom, 12 km a sud di Siem Reap, una collina dove sorgono un monastero buddhista ed un tempio hindu, risalente al IX secolo, anch'esso compreso nel biglietto di Angkor Wat: da questa collina isolata in mezzo alla pianura si può osservare un bel panorama sui villaggi circostanti e sul vastissimo lago Tonle Sap, che dista pochi km, ma, a causa di un acquazzone, il cielo era un pò nuvoloso e quindi non è stato un gran tramonto

Impressioni e curiosità:
Sono rimasto colpito dai numerosi bovini che ci sono in Cambogia e soprattutto dalla loro estrema magrezza, probabilmente a causa del fatto che era la stagione secca, comunque se ne incontravano di continuo, che cercavano di pascolare ovunque ci fosse un pò di erba secca.
panorama da Phnom Khrom, con il lago Tonle Sap sullo sfondo
Con Chast, driver di tuk tuk di Siem Reap, tifoso interista



Vedi anche:




Diario di viaggio in Asia (parte 2): Guangzhou, Cina

Dopo aver visitato la Cina più rurale ed autentica nella provincia del Guangdong (leggi qui il diario dei primi giorni in Cina), mi sono spostato nella grande metropoli, cioè Guangzhou, conosciuta da noi occidentali come Canton, terza città più importante della nazione dopo Pechino e Shanghai e terza anche come numero di abitanti con oltre 12 milioni, fulcro di un'area metropolitana che si estende lungo il delta del Fiume delle Perle, abitata da circa 46 milioni di persone.

Giorno 1
Il mio più grande interrogativo, essendo solo, in un paese che adotta un sistema di scrittura che non conosco, era come me la sarei cavata negli spostamenti: il dubbio è stato subito risolto poichè nella estesissima metro di Guangzhou tutte le indicazioni sono bilingue in cinese ed in inglese ed anche lungo le strade i nomi delle vie sono indicati anche in inglese, quindi mi sono mosso agevolmente per tutta la durata della mia permanenza.
Dall'aeroporto di Guangzhou, dove ero andato per accompagnare il mio amico cinese che tornava in Italia, prendo la metro, che, in circa mezz'ora, porta al centro della città ad Haizhu Square: camminando lungo la strada noto che il traffico è molto sostenuto, con numerose auto di grossa cilindrata, ma comunque molto più ordinato rispetto a Cambogia e Thailandia, che visiterò in seguito.
Mi dirigo all'albergo che ho prenotato last minute in Da De Road, a ridosso delle via più commerciale della città, Shangxiajiu Street, in cui trascorro la serata: questa via pedonale è il regno dello shopping, piena di gente, animata da insegne che sfoggiano luci al neon coloratissime, venditori al di fuori di ogni negozio, che cercano d'invogliare la clientela ad entrare parlando con dei microfoni o facendo rumore con delle mani di plastica, per attirare l'attenzione dei passanti, un tipo di commercio molto aggressivo, ma non invadente.
Concludo la serata con una passeggiata su Haizhu Bridge, uno dei ponti che attraversa il Fiume delle Perle, regalando bellissimi scorci sulle tante luci colorate che animano la Guangzhou by night, lungo le rive del fiume.

Impressioni e curiosità:
Ad ogni entrata della metro di Guangzhou, e sono moltissime, c'è un percorso obbligato da seguire che conduce davanti a due addetti in uniforme, sempre un ragazzo ed una ragazza, che passano un metal detector su ogni zaino o pacco trasportato dalle persone: ciò denota il livello di sicurezza molto alto che c'è in Cina, a partire dalle lunghe procedure per ottenere il visto, fino al controllo capillare dei luoghi più a rischio, in questo dovremmo prendere esempio anche noi europei.


Shangxiajiu Place

Haizhu Bridge
Giorno 2:
Il secondo giorno faccio una passeggiata nei dintorni dell'albergo verso nord, attraversando le trafficatissime strade grazie a dei cavalcavia pedonali ornati da siepi fiorite ed arrivo ad un interessante museo, che ospita il Mausoleo del Re di Nanyue, monumento funebre riportato alla luce 30 anni fa, risalente a 2000 anni fa, in cui era sepolto il re di Nanyue con i suoi servi e le sue concubine: questo regno fu fondato da un generale dell'imperatore cinese della dinastia Han, che aveva appena unificato la Cina, rimase uno stato vassallo dell'impero cinese, ma con una certa autonomia, aveva come capitale l'odierna Guangzhou ed estese la sua autorità su buona parte del sud della Cina, per tutto il II sec. A.C.. Oltre al mausoleo ben conservato vi è il museo molto accurato, in cui sono esposti tutti gli oggetti ritrovati nelle varie camere di questa tomba, che permettono di ricostruire com'era la vita in Cina 2000 anni fa.
Ingresso del Museo del Re di Nanyue
Quindi mi trasferisco con la metro nell'hotel, che avevo prenotato dall'Italia, nella zona Donghu, a ridosso del Fiume delle Perle: nei dintorni visito il bel ponte Haiyin con le sue due torri, da cui si ha un bel panorama sui grattacieli lungo il fiume e vicino al quale c'è il molo da cui partono le crociere lungo il fiume.
Sempre in questa zona c'è da visitare uno dei tanti bei parchi della città, il parco Dongshankou, caratterizzato da laghetti solcati da ponticelli e circondati da grattacieli e l'itinerario può proseguire con l'adiacente quartiere storico di Dongshan, dove si trovano alcune chiese ed edifici di stile europeo, eretti da missionari ai primi del '900: una zona molto tranquilla e piacevole in cui passeggiare, piena di scuole e studenti vestiti tutti uguali, con la stessa divisa bianca e blu, sia maschi che femmine.

Impressioni e curiosità:
Una cosa che mi ha colpito molto è quanto sia diffuso l'uso del telefonino fra i cinesi, soprattutto fra i più giovani, ho notato che in metro o al fast food, fra gruppi di amici quasi nessuno chiacchiera con il compagno ma sono tutti intenti a smanettare sul telefono, in una percentuale più alta che in Europa. Ho notato anche che spesso il telefono è usato al posto della carta di credito anche per pagare al ristorante o nei negozi: secondo me  questo avanzare della tecnologia è positivo, ma solo fin quando non è totalizzante e condiziona i rapporti fra le persone.

Dongshankou Park
Giorno 3:
Il terzo giorno inizio il mio giro visitando il Tempio degli Antenati della Famiglia Chen: si tratta di un grandioso complesso di edifici, costruito fra 1888 e 1894, usato dalla famiglia Chen, una delle più importanti del Guangdong, come santuario degli antenati e foresteria per i membri della famiglia che venivano in città per trattare affari o per studio. L'architettura del complesso è molto raffinata ed ornata da figure intagliate ed ospita anche il Guangdong Folks Art Museum, con interessanti oggetti d'artigianato, alcuni molto antichi, tipici di questa regione ed anche un'interessante ricostruzione degli interni delle case cinesi di 100-200 anni fa, con oggetti d'epoca.
Tempio degli Antenati della famiglia Chen
Quindi mi sono diretto verso la zona più antica della città dove sorge il Liwan Lake Park, un altro bellissimo parco, molto esteso, pieno di laghetti solcati da barche, ponti, pagode ed in cui mi sono imbattuto anche in uno spettacolo di teatro cinese all'aperto.
Liwan Lake Park

Da qui, in circa 20 minuti a piedi, ho raggiunto l'isola Shamian, un'isola sul fiume, collegata alla terraferma da piccoli ponti, che fu assegnata come concessione straniera nel 1859 ed infatti qui sorgono ancora numerose ambasciate ed edifici di stampo europeo: al centro dell'isola vi è un tranquillo viale fiancheggiato da bellissimi giardini, un posto molto bello e tranquillo in cui passeggiare.
Infine ho concluso la serata osservando le mille luci del lungofiume di Guangzhou dall'alto del ponte Haiyin, veramente spettacolare la visione notturna della città

Impressioni e curiosità:
Mi ha incuriosito il fatto che a Guangzhou ogni via è specializzata nella vendita di prodotti di uno specifico settore, quindi c'è la via dei venditori di componenti in ferro, la via di chi vende legno, quella in cui si vendono condizionatori, quella in cui si vendono casse audio, quella in cui si vendono oggetti in vimini: in queste vie non vi è solo qualche bottega, ma decine e decine, una affiancata all'altra, tutte quasi identiche.

Il Pearl River da Haiyin Bridge

Giorno 4:
Inizio la giornata visitando il parco Yuexiu, forse il più famoso della città, dato che ospita la statua con i cinque arieti, simbolo di Guangzhou: il parco è molto esteso con numerosi laghi e giardini ben curati, vi si trovano anche le antiche mura della città antica e la torre Zenhai, un edificio collocato su un'altura, che anticamente serviva come torre d'avvistamento, mentre adesso i suoi cinque piani sono la sede del Museo Civico di Guangzhou, che ripercorre, attraverso interessanti reperti, tutta la storia di questa città dalla Preistoria ai giorni nostri.
La statua dei cinque arieti, simbolo della città
Uscito dal parco, visito il Dr. Sun Yat-Sen Memorial Hall, un edificio costruito secondo la tipica architettura cinese, circondato da un bellissimo giardino, in cui troneggia la statua di bronzo di Sun Yat-Sen, uno dei più importanti politici cinesi dei primi del '900, originario proprio di questa regione.
Da qui mi dirigo verso il Tempio Liu Rong o dei Sei Baniani, un tempio buddista molto frequentato, caratterizzato da un'altissima pagoda.
Dr. Sun Yat-Sen Memorial Hall
Quindi concludo la serata visitando la parte più moderna e futuristica di Guangzhou, la Zhujiang New Town: prima mi fermo nella zona del Tianhe Sports Center, dove c'è una vastissima piazza, circondata da grattacieli, quindi proseguo verso Hangsha Place anch'essa circondata da grattacieli, tra cui spicca l'IFC Tower, completata nel 2010, alta 438 metri, che la collocano fra i primi 25 edifici più alti del mondo, in questa zona notevole è anche la Guangzhou Library, completata nel 2013, con la sua architettura che rimanda ad un libro aperto e, dulcis in fundo, la Canton Tower, visibile da molte parti della città, illuminata da colori vivaci che cambiano continuamente, dando l'impressione di continuo movimento, completata nel 2010, è alta 595 metri ed è il secondo edificio più alto della Cina e fra i primi 5 al mondo. Questa zona della città è veramente spettacolare di notte, illuminata dalle mille luci dei tanti grattacieli che ipnotizzano e non si può fare a meno di stare a testa in su a contemplarle.

Impressioni e curiosità:
Di Canton mi ha colpito molto il contrasto fra vecchio e nuovo, soprattutto i tanti parchi punteggiati di edifici costruiti secondo i dettami dell'architettura tradizionale cinese, ma circondati da altissimi e futuristici grattacieli, nel complesso una metropoli in cui c'è molto da vedere, per tutti i gusti. Mi è rimasta impressa anche la grande etica del lavoro dei cinesi, al punto che non era raro incontrare per strada vecchi che tiravano carretti pieni di scatoloni, che pesavano 20 volte più di loro, oppure commessi che dormivano seduti dentro le botteghe, forse per gli orari di lavoro un pò troppo lunghi.

Guangzhou Library e Canton Tower by night
Vedi anche:




Diario di viaggio in Asia (parte 1): Cina (Guangdong)

Ai primi di gennaio 2017 ho lasciato una freddissima Italia alla volta della Cina, prima tappa di un lungo viaggio in Asia, che mi avrebbe portato anche in Cambogia e Thailandia.
I primi giorni li ho passati nella provincia del Guangdong, ospite di un mio amico, in una zona piena di attrattive interessanti, ecco com'è andata:

Giorno 1
Partenza con volo Egyptair da Roma con scalo a Il Cairo, dove ho preso un altro volo della stessa compagnia in direzione di Guangzhou nel sud della Cina: il volo è stato ottimo, in perfetto orario, per il volo a lungo raggio ti forniscono anche un kit dove, oltre alla coperta, si possono trovare anche mascherina, dentifricio, spazzolino e calze di lana, invece, riguardo l'intrattenimento a bordo,  non ci sono molti film in italiano, meglio portarsi un buon libro per passare il tempo durante il viaggio, comunque una compagnia che, nonostante le recensioni non positive che si trovano in rete, io, per la mia esperienza, mi sento di consigliare.
Atterrati all'aeroporto di Guangzhou, ci fanno aspettare 40 minuti prima di scendere dall'aereo, perchè salgono a bordo poliziotti cinesi, che controllano minuziosamente numerosi passeggeri, soprattutto quelli di origine araba, ed i loro bagagli a mano, e capisco subito che in Cina con la sicurezza non si scherza e nulla viene lasciato al caso.
All'aeroporto c'è ad aspettarmi il mio amico artista Lai Junjie, tornato dall'Italia per trascorrere qualche giorno con i suoi familiari che mi ospiteranno nella casa-albergo-ristorante di loro proprietà durante i primi giorni del mio viaggio e quindi partiamo subito con la macchina guidata dalla sua fidanzata Lily verso est, in direzione Changningzhen, a circa 100 km da Guangzhou: noto subito che il clima, in questa zona del sud della Cina è molto più mite che in Italia, simile alla nostra primavera, e così sarà per tutto il tempo della mia permanenza, con temperature sempre fra i 20 e i 25 gradi, ma noto anche una nebbiolina fastidiosa, che in questi giorni si alternerà a momenti soleggiati e di gran caldo.
Dopo una breve sosta a Changningzhen, andiamo verso la zona rurale dove si trova l'albergo-ristorante sul lago, dove alloggerò e qui, dopo aver ricevuto una calorosa accoglienza, gusto la mia prima ottima cena cinese, collezionando anche le mie prime figuracce con le bacchette.
Porta con demoni scaccia spiriti

Dopo aver brindato più volte al grido di "ganbei", equivalente cinese del nostro "alla salute", andiamo a fare una passeggiata nel piccolo paesino di campagna che sorge a ridosso del lago, entriamo in alcune case, modeste ma dignitose, tutte dotate di grandissimi televisori.


Impressioni e curiosità.
Di questo primo giorno mi hanno incuriosito le immagini stampate di due demoni guerrieri applicate in coppia sulle porte di numerose case: mi è stato spiegato che servono a scacciare gli spiriti maligni, alcune di queste immagini avevano gli occhi forati in modo da far entrare gli spiriti buoni, come ad esempio quello di un parente stretto






Giorno 2
Il secondo giorno si va a fare una sostanziosa colazione cinese di buon mattino a Changningzhen a base di zuppa, thè, noodles (ottimi), zampe di gallo, ed un buon cibo fatto con farina di riso: noto che la città già alle 7:30 del mattino ferve di attività, una peculiarità dei cinesi che hanno sempre qualcosa da fare a tutte le ore, sono gran lavoratori, sempre in movimento.
colazione cinese

Quindi andiamo a visitare i templi, poco fuori città, prima quello buddista, poi quello taoista, dove lavora la madre del mio amico: quest'ultimo è un complesso di templi molto esteso, in cui spicca un'alta pagoda, ed il tempio dei 500 Arhat, che contiene 500 statue dorate di saggi e monaci ognuna con un suo attributo particolare, simili ai nostri santi.
di fronte al tempio buddista di Changning



Terminate queste interessanti visite, incontro i simpatici membri di un'associazione culturale di Boluo, una città vicina, che mi accompagneranno a visitare l'Antico Villaggio di Xu Ri, un delizioso borgo che si è conservato com'era 200 anni fa e su cui da tre anni si sta svolgendo un'operazione di recupero e valorizzazione per trasformarlo in meta turistica, con tanto di didascalie e spiegazioni dei vari edifici e della loro storia.

Xu Ri Ancient Village
Il villaggio è molto caratteristico, circondato da placide acque e costituito da case e templi in pietra grigia dal fascino antico: un momento molto piacevole la visita a questo sito storico, che ho trovato interessantissimo e veramente meritevole il lavoro di questa associazione culturale, tutti molto simpatici e contenti della mia presenza, tanto che c'era anche un fotografo ufficiale che ha immortalato la mia visita, dato che ero il primo italiano a visitare Xu Ri Ancient Village. 
con gli amici dell'associazione culturale di Boluo, presso Xu Ri Ancient Village
Ci dirigiamo poi verso la sede dell'associazione culturale a Boluo, una grande città di quasi un milione di abitanti, ma che per i cinesi risulta essere una città non tanto grande, visto che nei dintorni ve ne sono di più popolose e quando gli dico che se fosse in Italia sarebbe la terza città più grande dopo Roma e Milano rimangono molto stupiti. La sede dell'associazione culturale che, da quello che ho capito fa riferimento al governo cinese, è un bell'edificio moderno su più piani, con aule studio, e sedi per mostre, e qui mi viene regalato anche un bel libro su Boluo, purtroppo scritto in cinese, ma con numerose bellissime fotografie sulle attrattive della zona. In questa città visito anche la pasticceria della sorella del mio amico, dove gusto ottimi dolci, quindi andiamo nella sede dell'azienda di un amico cinese con cui beviamo numerosi bicchierini di thè, parlando di calcio e, visto che, per lo svago dei dipendenti all'interno dell'azienda c'è anche un campo di badminton, mi cimento per la prima volta in questo sport, molto diffuso in Asia, che si gioca con due racchette molto allungate ed una pallina simile ad un fiore con dei petali di plastica che la rallentano mentre è in volo, il campo è diviso in due da una rete tipo pallavolo ed il gioco consiste nel cercare far cadere a terra la pallina nel  campo avversario. Purtroppo quando comincio a prenderci un pò la mano è ora di tornare per la cena.

Impressioni e curiosità:
Mi ha colpito il fatto che i cinesi mangiano moltissimo, circa 5 volte al giorno, e di tutto, compreso gli ossi più piccoli della carne: mi è stato spiegato che forse questo è dovuto al fatto che, per lunghi anno, sotto il Maoismo, hanno sofferto la fame e la carestia e quindi ora si rifanno con gli interessi.

Giorno 3:
La giornata inizia con tutta la famiglia intenta ad appendere i rossi stendardi di auguri alle porte della casa che mi ospita in vista dell'imminente capodanno cinese, che sarà il 28 gennaio, quando inizierà l'anno del Gallo.
striscioni di auguri per il capodanno cinese

Quindi vado a visitare Luofu Mountain, attrazione turistica principale di questa zona, una montagna sacra, punteggiata di templi e luoghi storici, tutti ben segnalati e con spiegazioni anche in inglese: la zona da visitare è molto vasta e per entrarvi si paga un biglietto di 12 yuan, oltre ai tanti templi vi sono anche bellissimi giardini, laghetti e facili sentieri in mezzo alla natura che portano ad alti e splendidi punti panoramici. Quindi si torna a casa per un lauto pranzo ed il pomeriggio si visitano i dintorni del lago, dove sorge un tempio con altare, e passiamo la giornata a degustare nuovi cibi per una merenda nei pressi di Luofu Mountain, una cena a casa ed un dopocena a Changning a base di street food e dolci.

Luofu Mountain

cena cinese

Impressioni e curiosità
Durante la mia permanenza nel sud della Cina mi ha incuriosito una pianta dalle foglie verdi e fiori lilla, che mi è stato detto essere la pianta del litchi che produce un frutto simile alla ciliegia, di cui si mangia la parte interna: questa pianta è diffusissima in Cina del Sud e Sud-est Asiatico.

Giorno 4:
La giornata si apre con la solita abbondantissima colazione a base di zuppa, carne ed ottimi ravioli con ripieno di carne e verdura, molto buona anche se molto diversa dalla colazione italiana e prosegue con la visita al mercato domenicale di Changningzhen, dove si vende di tutto, dal serpente alla tartaruga, e purtroppo anche la carne di cane, io mi gusto un'ottima coscia di oca, cucinata benissimo.
Quindi dopo l'ultimo pranzo con la famiglia Lai, parto alla volta di Guangzhou, metropoli dove trascorrerò i prossimi 4 giorni

Impressioni e curiosità:
Essendo straniero, ogni volta che incontravamo bambini di circa 10 anni mi veniva chiesto di fare una breve conversazione in inglese con loro e mi sono stupito di come conoscano bene questa lingua, segno di una sempre più grande apertura di questa nazione verso l'estero e la globalizzazione, che parte fin dalla scuola.

Ultima foto con la famiglia Lai, prima di partire

Tiziano Terzani sulla Cina e la globalizzazione

Parole attualissime anche  per i nostri giorni scritte da Tiziano Terzani nel suo libro "Un indovino mi disse", pubblicato nel 1995 ma ambientato nel 1993, un anno in cui l'autore e protagonista nel libro viaggia in lungo e in largo per l'Asia senza prendere aerei a causa di una profezia di un indovino di Hong Kong, che aveva previsto che se avrebbe preso un aereo durante quell'anno sarebbe morto.

"Strano destino, quello di Mao! Aveva voluto dare vita a una nuova Cina, rifondando la sua civiltà, imponendole nuovi valori e aveva finito per distruggere quel poco che ancora restava della vecchia. È stato Mao a voler togliere ai cinesi quell’ultima coscienza di essere diversi grazie alla loro civiltà per mettere loro in testa che erano diversi perché erano rivoluzionari. È bastato dimostrare che quella rivoluzione era un fallimento perché la tragedia arrivasse al suo epilogo, perché i cinesi andassero alla deriva e fossero presi dalla corrente dei tempi: quella di diventare come tutti. Poveri cinesi!
  Il destino di questa straordinaria civiltà che aveva, davvero per millenni, preso un’altra via, che aveva affrontato la vita, la morte, la natura, gli dei in maniera diversa dagli altri, mi rattristava! Quella cinese era una civiltà che aveva inventato un suo modo di scrivere, di mangiare, di fare l’amore, di pettinarsi; una civiltà che per secoli ha curato diversamente i suoi malati, ha guardato diversamente il cielo, le montagne, i fiumi; che ha avuto una diversa idea di come costruire le case, di fare i templi, un’altra concezione dell’anatomia, un diverso concetto di anima, di forza, di vento, d’acqua; una civiltà che ha scoperto la polvere da sparo e l’ha solo usata per fare fuochi d’artificio invece che proiettili per i cannoni. Quella civiltà oggi cerca solo di essere moderna come l’Occidente; vuole diventare come quell’isolotto ad aria condizionata che è Singapore; produce giovani che sognano solo di vestirsi come rappresentanti di commercio, di fare la coda davanti ai fast food di Macdonald, di avere un orologio al quarzo, un televisore a colori e un telefonino portatile.
  Non è triste? Non dico per i cinesi. Ma per l’umanità in genere, che perde molto nel perdere le sue diversità e nel diventare tutta uguale. Mao aveva capito che, per salvare la Cina, bisognava proteggerla contro l’influenza occidentale e farle cercare una soluzione cinese al problema della modernità e dello sviluppo. Nel porsi il problema Mao era stato grande. Grande era stato anche nello sbagliarsi sul come risolverlo. Ma sempre grande, Mao: grande poeta, grande stratega, grande intellettuale e grande assassino. Ma grande come la Cina. Così come ora è grande la sua tragedia.
  Se qualcuno, fra qualche secolo, riuscirà a guardare indietro alla storia dell’umanità, la fine della civiltà cinese gli dovrà apparire come una grande perdita, perché con quella è finita una grande alternativa la cui esistenza forse garantiva l’armonia del mondo.
  Non è un caso che siano stati i cinesi a scoprire che l’essenza di tutto è l’equilibrio fra gli opposti, fra lo yin e lo yang, fra il sole e la luna, la luce e l’ombra, il maschio e la femmina, l’acqua e il fuoco. È nell’armonia fra le diversità che il mondo si regge, si riproduce, sta in tensione, vive." 

Tratto da Tiziano Terzani "Un indovino mi disse", 1995

I murales di Usseaux, parte 1

Usseaux è un piccolo comune piemontese, situato in Val Chisone, in provincia di Torino, da cui dista 77 km: il borgo è un bell'esempio di architettura contadina montana, formato da case in pietra e legno addossate le une alle altre, fontane, lavatoi, forni per il pane, tanto da essere stato inserito nella lista dei Borghi più belli d'Italia ed aver anche ottenuto la Bandiera Arancione del Touring Club Italiano.
Passeggiando lungo le viuzze di Usseaux saltano agli occhi i numerosi e splendidi murales che abbelliscono il paese, circa una quarantina, aventi come soggetti principali la vita contadina, la natura, gli animali. 
Eccone alcuni:









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