L’interessante festival fiorentino giunto ormai alla terza edizione, ci spinge alla presenza nell’ ultima giornata, grazie ad un’accurata line-up con sonorità più dure rispetto alle prime due serate, che hanno visto in cartello artisti come Poni Hoax, Joakim, il romano Andrea Esu, Cassy o ancora i Minimono (chiamati a sostituire l’assenza delle chicks on speed) ed ancora John Tajada.
Per questa “last night” sono chiamati infatti alle armi il giapponese Yoshihiro Hanno in arte RADIQ, il tedesco Robert Henke (ormai unico testimone del progetto Monolake) ed infine il sacerdote del loop Jeff Mills (trapiantato a New York ma nativo di Detroit).
Ad accogliere il tutto, la splendida cornice della Stazione Leopolda di Firenze, un autentico squarcio industriale incastonato nella culla dell’arte del bel paese.
Orari molto accessibili, si inizia infatti alle 22 con il live di RADIQ, questo artista di origini giapponesi ma da tempo residente a Parigi, distintosi con degli ottimi lavori sulla Logistic records, sonorità elettroniche che in passato hanno toccato più dignitosi territori IDM spesso incrociati con frastagliati inserimenti hip hop e sonorità dub. Il suo live a dire il vero comincia molto bene con ampie dilatazioni sonore intervallate da suoni di stampo minimale sapientemente stratificati.
Ritmiche molto spesso in controtempo e grande padronanza di tecniche “cut and paste”. Sul finire però cede troppo alla cassa ed a melodie virate alla ricerca del pubblico (che infatti interagisce con l’esibizione soltanto nella fase finale), trasformando quella che era un’elettronica minimale di buona fattura, in una techno scarna e senz’anima poggiata ora su qualche suono dub che sembra andar tanto di moda, ora su ripartenze melodiche che hanno da tempo fatto il loro. Non fosse stato per quegli ultimi venti minuti un bell’ 8 non glielo toglieva nessuno.
Non perde tempo Robert Henke, cravatta nera su camicia bianca, occhiale da nerd cibernetico e coppola, sale in cattedra e spaventa gli ormai numerosissimi presenti con un live da golden globe della musica! Ai comandi del controller midi progettato e realizzato da lui stesso, il Monodeck 2, comincia a sparare frequenze basse di una potenza devastante, facendo interagire alla perfezione anche tre o quattro sezioni ritmiche contemporaneamente, il tutto condito con una miriade di suoni cavernosi e metallici. La perfetta colonna sonora per la Stazione Leopolda, che, inondata di fumo artificiale, si è trasformata per circa un’ora e mezza, in un crepuscolo per guerrieri pronti a far scintillare le loro spade. Altra cosa positiva, la miriade di brani inediti proposti che speriamo vedano luce al più presto. Una delle più belle esibizioni ascoltate da tempo a questa parte.
Circa trenta minuti dopo la mezzanotte, l’esile sagoma nera prende possesso di una consolle ricchissima: tre piatti, due lettori cd, Roland 909 e mixer (speriamo sia in forma è la frase che ci siamo ripetuti più volte da quando siamo partiti).
Una base ambient oscura è il segnale della partenza, stazione strapiena, tensione alle stelle, tutti in cerca del groove e della ritmica, Jeff divertito osserva e lascia andare il tappeto ancora un minuto, poi la cassa, poi il furore. La macchina perfetta è decollata, le emozioni artificiali sono già in circolo per quasi tutta la sala ed il delirio è sotto gli occhi di tutti.
Ma qualcosa và storto, i cd possono “saltare” questo si sa, ed a Jeff saltano 4 volte nel giro di pochi minuti. Non vogliamo aprire un’inutile discussione in merito, ma una cazzo di puntina poggiata su un solco raramente darebbe lo stesso risultato.
La folla continua a sbraitare festante sotto i canovacci ritmici del robot di Detroit. Ma Jeff comincia a metterci del suo, toppando altri 3 passaggi che sommati alle precedenti interruzioni ci fanno perdere la logica di un set che rende ormai evidente quanto sia lontano quell’ Energy ’93 nel quale l’uomo stupì il mondo con un cambio ogni 30 secondi. Ragione per la quale abbiamo sempre cercato di perdonargli dei set fondati sui loop, che per qualche anno dopo la creazione della sua Axis records sono praticamente stati privi di ogni forma di groove, ma bensì basati sulla millimetrica del rirmo.
Forse è giunto il momento di ricominciare a pensare al suono, a studiare set che pur mantenendosi fedeli alla linea che l’ha reso il numero uno in assoluto intraprendano una strada che vada ad intaccare il cuore oltre che le gambe. Un passo indietro per tornare a farne due in avanti.
Concludiamo così la nostra avventura in un festival che sappiamo essere voluto fortemente dall’organizzazione fiorentina, difficile da realizzare sotto tutti i punti di vista, ma che ha avuto la giusta risposta dal pubblico.
Avanti il prossimo!
Liquid
fonte:www.electronique.it
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